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Negli ultimi anni, e ancora di più nella gestione dell’emergenza Covid-19, il ruolo delle decisioni “data driven” ha acquisito una nuova centralità nei processi aziendali e istituzionali, avendo tecnologie ed algoritmi rivoluzionato il processo di raccolta, trattamento e analisi dei dati. 

La possibilità di acquisire dati è aumentata sia perché gli utenti forniscono informazioni personali, sulle proprie preferenze e sul loro comportamento tramite siti web, app e dispositivi, sia perché sono disponibili sorgenti di open data di qualità. L’infrastruttura tecnologica di memorizzazione e di calcolo è accessibile a piccole e medie imprese a costi ragionevoli grazie al cloud computing. Infine, il dirompente sviluppo di algoritmi di ottimizzazione, machine learning e intelligenza artificiale consente sempre meglio di processare problemi di grandi dimensioni in brevi tempi di calcolo.

È chiaro quanto i data analytics siano in continua evoluzione offrendo una gamma pressoché infinita di possibilità in svariati ambiti e, in particolare, potrebbero rivoluzionare il settore della sanità come mai prima d’ora, facendo la differenza per la salute e la vita delle persone.

Nel corso degli ultimi anni la sanità ha fatto un importante salto in avanti in termini di trasformazione digitale sfruttando le nuove tecnologie, in particolare i data analytics, per compiere progressi significativi nella ricerca, nella diagnostica e nell’efficienza dei processi. Un recente studio pubblicato dalla Society of Actuaries calcola che il 60% dei professionisti del settore stia utilizzando l’analisi predittiva all’interno delle rispettive strutture sanitarie. Considerando lo scenario legato all’emergenza sanitaria in corso, possiamo aspettarci un ulteriore incremento di questa stima. Nel primo trimestre del 2020 la sanità digitale ha raggiunto un livello di stanziamenti record pari a 3,1 miliardi di dollari.

Fin dalle prime notizie legate alla diffusione del virus è apparsa chiara la centralità dei dati nello scenario dell’emergenza sanitaria. Se da un lato da subito si è pensato che rendere pubblici e accessibili i dati relativi agli spostamenti e ai pazienti positivi avrebbe permesso di elaborare strategie, previsioni e analisi per contribuire a limitare i contagi, dall’altro questo approccio pone una quantità di problemi relativi al rispetto della privacy, sia per i dati sensibili, ma più in generale, per l’identificazione degli utenti.

Nella situazione attuale i big data hanno trovato molteplici applicazioni dal campo biomedico a quello del monitoraggio e della sicurezza senza violare la privacy.

È possibile, infatti, rendere anonime le informazioni slegandole dall’identità dell’utente, oppure aggregare i dati costruendo mappe basate solo sui loro effetti, o ancora conservare i dati sul dispositivo dell’utente e condividerne solo una parte specifica per effettuare calcoli opportuni.

Se questi dati possono essere di difficile elaborazione per l’uomo, essi possono essere processati in modo molto più efficiente e ottimale se analizzati con tecniche di machine learning e Intelligenza Artificiale.

Con questo approccio, ad esempio, è stato possibile raccogliere i dati di migliaia di TAC e costruire una rete neurale (denominata COVnet) in grado di effettuare rapidamente la diagnosi di COVID-19 basandosi solo sui dati della TAC con una precisione del 96%.

Il maggior contributo dei big data nella battaglia al contagio si è, senza dubbio, registrato nelle fasi di controllo e tracciamento degli spostamenti e in termini di ricerca di nuovi medicinali e vaccini. 

La soluzione di controllo per il rispetto delle misure di quarantena è stata adottata da molte nazioni, soprattutto asiatiche. Qui, per garantire il rispetto della quarantena da parte dei soggetti infetti e frenare i contagi è stato utilizzato un mix di software capaci di analizzare i dati provenienti dalle numerose telecamere diffuse nel Paese, addirittura abbinandole con sensoristica in grado di leggere in pochi secondi anche la temperatura corporea.

I big data e l’intelligenza artificiale in Italia sono utilizzati in chiave di prevenzione, diagnosi e cura. Molte le partnership che si sono venute a creare tra società e centri di ricerca e Università, proprio per elaborare soluzioni capaci di migliorare gli interventi di contrasto, di diagnostica e di trattamento. Per il contenimento si è reso disponibile un servizio data-based, l’app Immuni, lanciata in collaborazione con il Ministero della Sanità e il Ministro per l’Innovazione Tecnologica per aumentare la consapevolezza tra la popolazione, avvertire gli utenti che hanno avuto un’esposizione a rischio e inviare segnalazioni in tempo reale grazie all’uso della tecnologia Bluetooth. 

Tra i progetti di ricerca in corso spicca Exscalate4COV, finanziato dalla Commissione Europea, che vede impegnato un gruppo di centri di ricerca del nostro paese nell’uso di tecnologie di supercalcolo per individuare in tempi rapidi farmaci contro il virus.

Diverse sono anche le ricerche volte a prevenire possibili nuove ondate della pandemia attraverso l’analisi dei big data.

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università americana di Harvard è stato incentrato sull’individuazione dell’avvio della pandemia, monitorando le ricerche su internet e analizzando il flusso degli accessi al pronto soccorso in Cina, in particolare a Wuhan, ipotizzando che il Covid-19 fosse già presente dall’agosto del 2019. 

In Italia invece, una ricerca svolta dall’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna e dall’Alma Mater fa un ulteriore passo in avanti: si è trovata infatti una diretta correlazione tra le ricerche sul web sui sintomi più comuni della malattia e l’andamento dell’epidemia. L’implementazione di questa metodologia in progetti integrati di sorveglianza insieme ad altri big data, sfruttando le enormi potenzialità del web, potrebbe rappresentare un efficace strumento di previsione di nuove ondate epidemiche ai fini di adottare rapide misure di risposta.

Sebbene questi dati presentino enormi potenzialità, quelli non strutturati costituiscono l’80-90% del volume complessivo dei dati digitali. Queste informazioni non strutturate, che assumono la forma di immagini, dati di ricerca, video e dati prodotti da sensori, restano largamente fuori dalla possibilità di essere ricercate e sono difficilmente analizzabili, rappresentando una sfida notevole per le aziende e le istituzioni.

È fondamentale quindi domandarsi quanto sia prioritario, adesso, dedicare tempo e risorse alla reingegnerizzazione del data management e al ripensamento degli obiettivi di analisi, per avere una visione chiara della situazione presente e futura e un probabile vantaggio competitivo nell’affrontare questa nuova fase storica.

Le tecnologie emergenti della Quarta Rivoluzione Industriale hanno un ruolo vitale nell’affrontare la pandemia COVID-19 e lo avranno nel ricostruire l’economia mondiale.

Come afferma il World Economic Forum, per accelerare la ripresa dall’emergenza, incoraggiare la crescita, l’innovazione e la resilienza sarà fondamentale per i governi, le imprese e la società civile collaborare nell’utilizzare le tecnologie, regolamentarle e condividere dati e informazioni.

Debora D’Elia, Luisa Frassinetti, Marialuce Ribellino