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Il volume di dati nel mondo sta aumentando in modo esponenziale. Secondo alcune stime proposte dalle Nazioni Unite il 90% dei dati è stato creato solo negli ultimi anni e si prevede che aumenterà del 40% ogni anno. Gran parte di questo output è rappresentato dai dati raccolti attraverso le interazioni quotidiane con prodotti o servizi digitali, inclusi telefoni cellulari, carte di credito e social media.

Nel settore privato l’analisi dei big data è all’ordine del giorno, con la profilazione dei consumatori, i servizi personalizzati e l’analisi predittiva utilizzata per il marketing e la pubblicità. I dati rappresentano la linfa vitale di ogni processo decisionale. Tecniche simili potrebbero essere adottate per ottenere informazioni in tempo reale sul benessere delle persone e per indirizzare gli interventi delle istituzioni anche nell’ambito della sostenibilità sociale e ambientale. Nuove fonti di dati, come i dati satellitari, nuove tecnologie e nuovi approcci analitici, se applicati in modo responsabile, possono consentire un processo decisionale più agile, efficiente e basato su prove concrete.

Un’interessante prospettiva, in quest’ottica, è quella di utilizzare i dati per consentire di misurare i progressi che si stanno facendo nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Nel 2015, infatti, il mondo ha intrapreso un’ambiziosa nuova agenda di sviluppo per rispondere alle sfide sociali, ambientali ed economiche, con un focus su uno sviluppo inclusivo e partecipativo.

Questo programma include 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals SDGs) e i 169 sotto-obiettivi ad essi associati da raggiungere entro il 2030, il cui progresso può essere monitorato attraverso oltre 230 indicatori statistici.

L’ex segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon,  ha sottolineato l’importanza di cementare i big data all’Agenda 2030 ed ha spinto affinché si avviasse una riflessione a livello globale sull’utilità dei big data affidandone le redini a un Advisory Group presieduto da Robin Li (fondatore del motore di ricerca Baidu) e da Enrico Giovannini, ex Ministro, poi direttore delle statistiche OCSE prima di passare alla presidenza dell’Istat, oggi portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Il loro compito, coadiuvato anche dalla creazione di UN Global Pulse, un laboratorio con sedi a New York, Jakarta e Kampala, è stato quello di creare la struttura per monitorare, attraverso i big data, i progressi compiuti a livello globale per i target fissati.

Le piattaforme di big data giocano un ruolo centrale soprattutto in un’ottica di evidence based policy, ovvero di strumenti che tramite la raccolta di indicatori siano in grado di valutare il raggiungimento degli obiettivi in maniera precisa e basata sui dati.

Per fare qualche esempio, in termini di applicazione dei big data allo sviluppo economico e sociale, si può fare riferimento a come questi siano utili per contribuire all’efficienza energetica, monitorando i picchi di fabbisogno di elettricità; far risparmiare, mediante il riscaldamento intelligente, imponenti quantità di petrolio all’anno; tracciare la deforestazione attraverso la combinazione di immagini satellitari, crowdsourcing e open data; permettere agli agricoltori di utilizzare minori quantità di pesticidi e fertilizzanti.

Per quanto riguarda invece l’UN Global Pulse Kampala, si può evidenziare come questo utilizza l’intelligenza artificiale e i big data per rilevare parassiti e malattie delle piante nelle coltivazioni di cassava; immagini satellitari per monitorare i livelli di povertà nelle zone agricole; monitoraggio dei messaggi radio – la tecnologia ancora più diffusa in Africa – per prevenire epidemie e ridurre gli effetti di catastrofi naturali.

Nonostante l’abbondanza di questi dati, per molti paesi mancano ancora dati critici per l’elaborazione delle politiche di sviluppo globale, regionale e nazionale. Molti governi, infatti, non hanno ancora accesso a dati adeguati su tutta la loro popolazione. Ciò è particolarmente vero per i più poveri e gli emarginati, le stesse persone su cui i leader devono concentrarsi se vogliono raggiungere l’ambizioso obiettivo di ridurre a zero la povertà estrema e le emissioni entro il 2030 e non lasciare indietro nessuno in tale processo.

Debora D’Elia, Luisa Frassinetti, Marialuce Ribellino